Trauma cranico
7 Dicembre 2018 by Team Raco
Il trauma cranico è uno degli infortuni più frequenti. In questa eventualità, il paziente deve essere monitorato con attenzione. Infatti, può rendersi necessario un intervento di neurochirurgia per emorragia cerebrale, per la presenza di un focolaio lacero-contusivo, per il trattamento di un edema post-traumatico, per prevenire la formazione di ernie cerebrali, come, per esempio, l’erniazione della parte mediale del lobo temporale detta uncus o delle tonsille cerebellari.
La maggior parte dei traumi cranici si verifica in conseguenza di incidenti in auto o in moto. Anche la pratica sportiva rappresenta una delle circostanze più tipiche in cui è possibile battere la testa.
Si possono distinguere diversi tipi di trauma cranico con sintomi più o meno gravi. La suddivisione tra tipologie è basata sulla gravità dell’evento.
Nella maggioranza dei casi gli effetti e le complicanze del trauma sono proporzionali alla gravità dell’evento traumatico. Talora il danno secondario da trauma cranico impatta sulla prognosi del paziente. Le conseguenze di un trauma cranico variano considerevolmente sulla base delle dinamiche dell’incidente, dall’estensione delle lesioni al cervello, dell’entità del danno e della sofferenza cerebrale.
Si può verificare la completa regressione dei sintomi o può insorgere disabilità permanente. In alcuni casi, in seguito a trauma cranico grave, avviene il decesso del paziente.
Direttore dell’Unità Operativa Complessa (UOC) di Neurochirurgia dell’Azienda Ospedaliero-Universitaria Sant’Andrea di Roma, il professor Antonino Raco è tra i neurochirurghi di eccellenza per interventi al cervello. Visita e opera, affiancato da un’équipe di professionisti, presso la Clinica Villa Margherita a Roma. Il professor Raco svolge anche attività di consulenza presso l’Ospedale G. Panico. Visita presso il Poliambulatorio di Specchia, a Tricase (LE) e al Medtech Center di Latina. La sua équipe chirurgica si impegna nella cura di pazienti affetti da gravi traumatismi ventiquattr’ore su ventiquattro.
Epidemiologia del trauma cranico
Il trauma cranico è una delle cause di decesso più frequenti in tutto il mondo. In particolare i bambini e i giovani adulti sono più esposti a questa eventualità. I soggetti di sesso maschile sono più colpiti rispetto a quelli di sesso femminile. Nel computo totale dei traumi cranici, si stima che circa il 10% siano gravi, mentre il restante 90% comprenda i casi di lieve o moderata entità.
Nei paesi ad alto reddito, i decessi conseguenti a trauma cranico sono nettamente diminuiti grazie all’efficienza del pronto soccorso, al miglioramento dei farmaci, agli sviluppi della neurochirurgia cerebrale. Il numero annuo di traumi cranici rilevati nel mondo è però in aumento, probabilmente per il maggior uso di veicoli a motore nei paesi in via di sviluppo, dove non sempre sono presenti politiche e strumenti adeguati per la sicurezza.
La Società Italiana di Neurochirurgia (SINch) calcola che ogni anno in Italia vengano ricoverate per trauma cranico circa 250 persone ogni 100 mila abitanti, mentre la mortalità è di 17 casi all’anno ogni 100 mila abitanti.
Neurochirurgia: esami per la diagnosi di trauma cranico
La diagnosi di trauma cranico viene formulata valutando la dinamica del trauma insieme con l’esame obiettivo basato su risposte oculari, verbali e motorie. A seconda della risposta del paziente agli stimoli, viene assegnato un punteggio sulla Glasgow Coma Scale (GCS, in italiano “Scala del Coma di Glasgow”) che va da 3 a 15. I pazienti con trauma cranico grave hanno un risultato che va da 3 a 8.
L’esame obiettivo non è però sufficiente nel caso il paziente abbia perso coscienza o il GCS sia inferiore a 13. In una situazione di emergenza, viene generalmente effettuata la tomografia computerizzata (TC), esame veloce e accurato. La tomografia computerizzata viene anche utilizzata durante l’evoluzione del quadro clinico per monitorare come si modificano lesioni cerebrali quali ematomi, focolai lacero-contusivi o edema.
La risonanza magnetica nucleare (RMN) permette di ottenere informazioni più dettagliate, utili per formulare una prognosi corretta. Infatti, rispetto alla tomografia computerizzata, la risonanza magnetica dà maggiori informazioni sulle caratteristiche delle lesioni non emorragiche ed è uno strumento efficace per valutare il danno assonale diffuso, cioè quel danno cerebrale che non è focalizzato in un’unica area del cervello, ma esteso a più zone.
Nel danno assonale diffuso, o lesione assonale diffusa, sono coinvolti gli assoni, cioè i conduttori dell’impulso nervoso in direzione centrifuga rispetto al corpo cellulare del neurone.
La risonanza magnetica non viene utilizzata nelle situazioni di emergenza perché richiede un tempo considerevole per acquisire le immagini, non dà buone informazioni sulla presenza di emorragie e fratture, non è compatibile con i presidi che contengono metallo utilizzati nelle operazioni salvavita urgenti.
Molto raramente, nel caso si sospettino aneurismi traumatici soprattutto dei vasi del collo, si ricorre a esami come l’angio-TC.
Lesione assonale diffusa
In un trauma cranico chiuso, i tessuti cerebrali sono sottoposti a repentine accelerazioni e decelerazioni. Se avviene una decelerazione rotazionale, si producono forze che agiscono sulla materia bianca come uno “stiramento”. In questo caso, l’esito del trauma è dato da lesione assonale diffusa, chiamata anche “danno assonale diffuso”. Le fibre degli assoni e la loro guaina mielinica vengono danneggiati.
Una lesione assonale diffusa è quasi sempre conseguenza di un trauma cranico grave, o almeno di moderata entità. La tomografia computerizzata non rileva un unico danno massivo, ma solo minuscole emorragie all’interno della sostanza bianca, come tante piccole petecchie.
Sul piano clinico, la lesione assonale diffusa determina perdita di coscienza per più di sei ore, senza che sia possibile evidenziare una lesione focale. Si accompagna a edema con aumento della pressione endocranica. Il danno assonale diffuso è la lesione caratteristica della sindrome del bambino scosso.
Se desideri avere maggiori informazioni sul danno assonale diffuso, leggi l’approfondimento al link qui sotto.
I tre tipi di trauma cranico: edema cerebrale e chirurgia
Il trauma cranico può dare origine a una lesione cerebrale post traumatica.
Le lesioni cerebrali post-traumatiche possono essere di natura diversa: ematomi, emorragie, focolai lacero-contusivi, danno centro-encefalico, edema cerebrale.
In conseguenza di un trauma cranico, non sempre è necessario ricorrere a un trattamento neurochirurgico. Per esempio, nelle fasi iniziali di un edema cerebrale, l’uso di osmotici, diuretici e dell’iperventilazione può ridurre la pressione endocranica, senza ricorrere al trattamento chirurgico. Solo in alcuni casi l’edema cerebrale viene trattato con la chirurgia: questo avviene se il trattamento farmacologico e l’iperventilazione non danno risultati.
Il trattamento dell’edema cerebrale con chirurgia consiste nell’asportazione di una parte della calotta cranica in modo tale che il cervello non subisca danni da compressione. Tale procedimento prende il nome di craniotomia decompressiva.
Edema interstiziale, vasogenico e citotossico
Nell’approfondimento al link qui sotto, viene spiegata la distinzione tra i tre diversi tipi di edema cerebrale: edema interstiziale, vasogenico e citotossico. In particolare, si verifica edema interstiziale in conseguenza di un idrocefalo ostruttivo, in cui il flusso del liquor è impedito. Così, nell’edema interstiziale si forma un accumulo di liquido cerebrospinale negli spazi extracellulari intorno ai ventricoli cerebrali.
Trauma cranico diretto e trauma cranico inerziale
Le lesioni e i danni che vengono riportati a causa di un trauma cranico dipendono da come avviene l’urto e come la scatola cranica subisce e assorbe le forze in gioco. Per questo si può distinguere tra trauma cranico diretto e trauma cranico inerziale.
- Trauma cranico diretto
In caso di trauma cranico diretto, le lesioni sono localizzate nell’area dell’impatto, nella sede fisicamente corrispondente all’urto subito dalla scatola cranica. Rientrano in questo ambito i traumi aperti, quelli chiusi e quelli penetranti.
- Trauma cranico inerziale
Lesioni e danni al cervello possono verificarsi anche in assenza di un impatto diretto con la calotta cranica, ma semplicemente per effetto di importanti e brusche accelerazioni, positive o negative (decelerazioni). Nella maggior parte dei casi, la sofferenza cerebrale si instaura in conseguenza di un impatto e una accelerazione che sono intervenuti contemporaneamente nell’evento traumatico.
In questi casi, si parla di “trauma inerziale”, perché il cervello si muove per inerzia rispetto al suo contenitore, e per questo impatta con le pareti del cranio, e subisce una doppia sollecitazione: la prima conseguente al vettore di forza che si esercita sulla teca cranica, e la seconda per il rimbalzo del cervello sulla teca cranica interna opposta al vettore di forza
Le conseguenze di traumi inerziali possono essere:
- danni focali, cioè lesioni che riguardano una singola o duplice area del cervello, dovute all’impatto con una superficie rigida della teca cranica interna;
- danni diffusi da commozione cerebrale, per il movimento del cervello dovuto all’inerzia.
In quest’ultima eventualità viene interessato tutto il tessuto cerebrale, comprendendo corteccia e fasci di fibre bianche, con lacerazioni ai vasi sanguigni che determinano emorragia cerebrale, ipertensione endocranica, edemi, ischemie.
I traumi cranici vengono distinti in traumi minori, traumi di moderata gravità e traumi gravi.
· Trauma cranico minore
Il trauma cranico minore è l’infortunio più lieve, conseguente all’impatto della scatola cranica con una superficie rigida, con o senza effetti dovuti ad accelerazione e conseguente contraccolpo. Generalmente, un trauma cranico minore non richiede l’intervento della neurochirurgia cerebrale. Infatti, molto di rado, perlomeno in acuto, può svilupparsi un quadro di emorragia cerebrale.
Per risolvere il quadro sintomatologico è sufficiente attendere e tenere in osservazione il paziente per ventiquattro ore. Per accertarsi che il trauma cranico sia effettivamente lieve e non ci siano complicazioni è comunque necessario recarsi con urgenza al più vicino Pronto Soccorso o Clinica attrezzata.
· Trauma cranico di moderata gravità
Nel quadro di un trauma cranico di moderata gravità, può essere necessario intervenire con un intervento neurochirurgico per trattare l’emorragia, o l’ematoma cerebrale che si potrebbe creare come conseguenza delle lesioni dei vasi sanguigni che irrorano meningi e cervello.
Gli interventi di neurochirurgia per ematomi o emorragie cerebrali sono vere emergenze sanitarie. La sofferenza causata al sistema nervoso centrale da queste lesioni determina il rischio di danni permanenti o decesso del paziente.
· Trauma cranico grave
Il trauma cranico grave si differenzia dalle precedenti tipologie di trauma cranico perché in questa circostanza più temibile il paziente è in coma e ha bisogno di un trattamento rianimatorio con la massima urgenza.
Trauma cranico lieve, moderato e grave: sintomi e urgenza
Il trauma cranico lieve o moderato determina un quadro sintomatologico subito dopo l’impatto della scatola cranica con una superficie dura. I sintomi più comuni del trauma cranico sono: cefalea, vertigini, stordimento, nausea, vomito, stato confusionale.
La distinzione tra trauma cranico lieve e moderato consiste nella diversa intensità delle manifestazioni, corrispondenti alla gravità delle lesioni.
- Il trauma cranico lieve comporta che il paziente sia tenuto in osservazione per ventiquattro ore, finché i sintomi non regrediscono spontaneamente. Infatti, il trauma cranico minore non prevede l’intervento della neurochirurgia per un’emorragia cerebrale perché i danni subiti sono limitati e reversibili.
- Nel trauma cranico di moderata entità può svilupparsi un quadro patologico che richiede un intervento urgente di neurochirurgia per l’evacuazione di un ematoma o di un’emorragia cerebrale. Quando si verifica emorragia cerebrale, le cellule nervose si deteriorano rapidamente se non sono correttamente fornite di ossigeno e il cervello viene compresso dalla pressione intracranica. Se non si interviene con il drenaggio chirurgico dell’ematoma, il decesso avviene nell’arco di 24/48 ore.
- Il quadro clinico del trauma cranico grave si configura quando il paziente è in coma. Per valutare lo stato comatoso del soggetto viene utilizzata la Glasgow Coma Scale (GCS, in italiano “Scala del Coma di Glasgow”) che fornisce un indice sulla base di risposte oculari, verbali e motorie. Il punteggio va da 3 a 15. I pazienti con trauma cranico grave presentano un indice tra 3 e 8, quindi danno risposte agli stimoli molto tardive o inadeguate, o addirittura non sono in grado di darne alcuna.
Per recuperare la funzionalità delle aree cerebrali coinvolte nel trauma, occorre intervenire chirurgicamente con il drenaggio dell’ematoma entro due-tre ore dai primi sintomi. Alcuni di questi ematomi, tipicamente gli epidurali, possono presentarsi con un “intervallo libero” di alcune ore in cui il paziente non manifesta sintomi.
Conseguenze del trauma cranico: ematomi epidurali, sottodurali, intraparenchimali
Tra le conseguenze di un trauma cranico grave, o di moderata entità, c’è l’emorragia cerebrale, che può verificarsi in sedi diverse: poco frequenti sono l’emorragia del cervelletto o del ponte, o quella dei nuclei della base, più frequenti quelle che interessano i lobi cerebrali.
Il versamento di sangue causato da un’emorragia al cervelletto, o nei lobi cerebrali, o in qualsiasi altra regione dell’encefalo, è chiamato “ematoma intraparenchimale”.
Come conseguenza di un trauma cranico possono formarsi anche ematomi all’interno della scatola cranica, ma fuori dal parenchima cerebrale, che costituiscono una minaccia per la vita del paziente e vengono classificati sulla base della localizzazione. Si possono distinguere quindi ematomi epidurali, sottodurali e come si scriveva precedentemente, intraparenchimali.
· Ematomi epidurali
L’incidenza dell’ematoma epidurale è tra l’1% e il 3% di tutti i traumi cranici. La sua formazione dipende la più parte dei casi dalla rottura dell’arteria meningea media. È detto epidurale perché il versamento di sangue si colloca superiormente o esternamente alla dura madre, la parte più esterna e spessa delle tre meningi che proteggono encefalo e midollo spinale. Nel 50 – 60% dei casi la localizzazione di un ematoma epidurale è nel lobo temporale.
Più frequentemente al momento dell’impatto non si verifica alterazione della coscienza nel paziente e la tomografia computerizzata può in un primo momento risultare negativa, anche in presenza di frattura del cranio. Infatti, c’è la possibilità che l’ematoma compaia anche dopo ventiquattr’ore dall’incidente.
· Ematomi sottodurali
L’ematoma sottodurale (o subdurale) acuto si riscontra nel 10 – 15% dei casi di trauma cranico severo. In questa eventualità il versamento di sangue si colloca al di sotto della dura madre, tra quest’ultima e l’aracnoide, la meninge intermedia delle tre che avvolgono encefalo e midollo spinale.
L’evacuazione di un ematoma sottodurale acuto deve essere immediata. La mortalità in caso di ematoma sottodurale è superiore al 50% dei casi, queste lesioni sono frequentemente associate ad ematomi intraparenchimali o lesioni lacero-contusive. La prognosi è migliore nel caso in cui si intervenga prima che compaiano sintomi di sofferenza del tronco, dovuta a ernia transtentoriale.
· Ematomi intraparenchimali
Un ematoma intraparenchimale, o “intracerebrale”, è riscontrabile nel 12% dei casi di trauma cranico grave. In questo caso l’intervento di neurochirurgia per l’emorragia cerebrale viene effettuato quando si verifica deviazione delle strutture mediane dell’encefalo, ad un esame TC e sono presenti alterazioni della coscienza del paziente e deficit focali.
Il trattamento è chirurgico nel caso in cui l’ematoma sia superficiale, cioè lobare e abbia un diametro superiore ai 3 cm. Nell’eventualità di un ematoma profondo, cioè centroencefalico, la terapia è conservativa, tranne quando si manifesti effetto massa e un progressivo deterioramento neurologico che rendono necessario l’intervento del neurochirurgo per risolvere il quadro neurologico di progressivo peggioramento, con evacuazione dell’ematoma.
Ernie cerebrali
Le ernie cerebrali sono una possibile grave complicazione di traumi gravi. In particolare, possono manifestarsi ernie cerebrali a causa di ematomi intraparenchimali, ma frequentemente anche per ematomi epidurali e subdurali acuti. Infatti, l’accumulo di sangue fuoriuscito da vasi sanguigni determina un rapido aumento della pressione endocranica che porta all’erniazione cerebrale.
L’ erniazione delle tonsille cerebellari, o della parte mesiale del lobo temporale (uncus), avviene attraverso una delle barriere rigide presenti all’interno della calotta cranica.
Le ernie cerebrali vengono definite e classificate in base alla struttura anatomica endocranica che hanno attraversato con il processo di erniazione. Le tonsille cerebellari, per esempio, possono erniare nel canale cervicale attraverso il forame occipitale. In questi casi, si parla di ernia tonsillare perché il processo di erniazione interessa le tonsille cerebellari.
La classificazione delle ernie cerebrali comprende anche l’ernia subfalcina, in cui il giro del cingolo è erniato al di sotto della falce cerebrale, l’erniazione cerebrale centrale, ove li lobo temporale fuoriesce attraverso l’incisura del tentorio, la più frequente, e infine l’ernia transtentoriale, vermiana verso l’alto, molto rara.
Il link qui sotto porta a una sezione di approfondimento sull’ernia transtentoriale, che si verifica come complicazione degli ematomi sottodurali.
Uncus cerebrale
L’uncus cerebrale può essere interessato da erniazione in conseguenza di un rapido aumento della pressione endocranica dopo un trauma cranico che ha provocato un’emorragia. In questo caso, l’erniazione cerebrale avviene attraverso l’incisura del tentorio e si parla di ernia uncale. Generalmente, l’ernia uncale è conseguenza di un accumulo di sangue nella fossa media che sospinge l’uncus temporale verso il tronco encefalico.
L’uncus cerebrale è costituito dal giro paraippocampale e dall’ ippocampo. Il giro paraippocampale, detto anche paraippocampo, è una struttura anatomica di materia grigia che circonda l’ippocampo.
Emorragia cerebellare
Un’emorragia cerebrale al cervelletto è detta anche emorragia cerebellare. La fossa cranica posteriore, dove è presente il cervelletto, è una delle sedi di ematomi causati da un trauma cranico. L’emorragia cerebellare ha conseguenze gravi: l’ematoma può espandersi fino a bloccare il flusso di liquor cefalo- rachidiano nel quarto ventricolo cerebrale, e causare di conseguenza idrocefalo acuto; in alcuni casi, l’emorragia al cervelletto può estendersi al tronco encefalico, con aggravamento significativo del quadro clinico.
Gli ematomi con diametro superiore ai tre centimetri, conseguenti a emorragia cerebellare, devono essere evacuati tempestivamente con un intervento di neurochirurgia urgente.
Trattamento: la neurochirurgia per l’emorragia cerebrale
L’intervento della neurochirurgia per emorragia cerebrale conseguente a trauma cranico si concretizza nella pratica nel drenaggio subdurale in caso di ematomi subacuti o cronici, nella ventricolostomia e nella craniotomia per ematomi epidurali, subdurali o intraparenchimali acuti.
- Drenaggio extra e subdurale
Per il drenaggio subdurale , previa esecuzione di un foro di trapano, si applica in sede frontale, parietale e temporale drenaggi a circuito chiuso e pressione controllata per l’evacuazione progressiva di raccolte ematiche e liquorali in 48-72 ore.
- Ventricolostomia/misurazione della pressione liquorale intracranica (P.I.C)
Con parametri anatomici fondati sulla sutura coronarica è possibile applicare un drenaggio a circuito chiuso ad uno dei due ventricoli laterali per monitorare la pressione cerebrale e controllare l’ipertensione liquorale.
- Craniotomia
Nel caso di ematomi extra e subdurali acuti o intraparenchimali che risultano evidenti alle indagini radiologiche viene praticata una craniotomia evacuativa urgente.
La craniotomia è l’intervento chirurgico attraverso cui viene aperta la scatola cranica. Segue poi l’evacuazione dell’ematoma, se in sede exradurale, o l’incisione della dura madre con successiva evacuazione, se in sede sotto durale.
Nei casi più gravi, con molto edema cerebrale, viene anche praticata una plastica durale di ampliamento e si evita di riposizionare l’osso, per concedere maggiore spazio al cervello edematoso
Il professor Antonino Raco è un neurochirurgo che vanta anni di esperienza in operazioni al cervello per trauma cranico. Con la collaboratori esperti e l’uso di tecnologie avanzate, esegue molti interventi ogni anno, ridando ai pazienti una buona qualità della vita. Inoltre, contribuisce attivamente alla letteratura scientifica di riferimento, grazie alle numerose pubblicazioni.
Operazioni al cervello: conseguenze e tempi di recupero
Le operazioni al cervello hanno conseguenze più o meno importanti sulla qualità della vita del paziente a seconda del quadro clinico e radiologico di partenza. Questo vale anche per la neurochirurgia per emorragie cerebrali, volta a drenare il versamento di sangue o rimuovere il sangue coagulato all’interno della calotta cranica.
Le operazioni al cervello per trattare un’emorragia cerebrale causata da un trauma cranico hanno conseguenze diverse a seconda di quanto tempestivamente sia stato effettuato l’intervento chirurgico dopo l’incidente. Anche i tempi di recupero dopo un intervento al cervello di questo tipo sono collegati alla gravità della situazione al momento del trauma. Dunque, possono variare notevolmente da caso a caso.
I tempi di recupero dopo un intervento al cervello per rimuovere un ematoma dipendono dai possibili deficit neurologici, dalla loro gravità, e dai deficit cognitivi. La riabilitazione è un elemento cardine nel trattamento del paziente traumatizzato. La qualità e l’intensità del programma riabilitativo possono fare una differenza sostanziale a parità di deficit.
Nei sei mesi successivi al trauma cranico grave, ci sono i miglioramenti più evidenti, ma progressi meno percettibili e ugualmente importanti avvengono anche dopo e continuano per anni.
Operazioni al cervello: neurochirurgia d’eccellenza in Italia
La neurochirurgia d’eccellenza in Italia non manca. Il professor Antonino Raco ne è un esponente. Professore ordinario di neurochirurgia presso la Sapienza-Università di Roma, il professor Raco vanta una notorietà internazionale grazie ai numerosi interventi chirurgici eseguiti con successo, alle pubblicazioni e alle relazioni a congressi internazionali.
Professore ordinario della cattedra di neurochirurgia, direttore della Scuola di specializzazione in neurochirurgia e direttore del Master “Tecniche chirurgiche e tecnologie innovative in neurochirurgia” presso la Sapienza-Università di Roma, il prof. Raco è pioniere dei trattamenti mini invasivi della colonna vertebrale e della chirurgia al cervello detta “Awake Surgery”, in cui il paziente viene mantenuto sveglio durante l’intervento.
Raco dirige l’Unità Operativa Complessa (UOC) dell’Azienda ospedaliero-universitaria Sant’Andrea di Roma. È considerato uno dei neurochirurghi di eccellenza. Visita e opera presso la Clinica Villa Margherita. È disponibile per attività di consulenza presso l’Ospedale G. Panico. Inoltre, visita i pazienti anche al Poliambulatorio di Specchia e al Medtech Center a Latina.